Gerusalemme by Franco Cardini

Gerusalemme by Franco Cardini

autore:Franco, Cardini [Cardini, Franco]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Intersezioni
ISBN: 9788815310514
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2012-10-14T22:00:00+00:00


Al contrario di questa specie di baccanale pagano, per non dir di sabba diabolico, ch’era sembrato alla nobildonna protestante, Gerusalemme appariva come un luogo di silenzio, di abbandono, d’immobilità, di morte, all’americano John Lloyd Stephens, che sottolineava nel 1836 il contrasto drammatico e barbarico fra una città miserabile e desolata e il fasto di cui si circondava il suo governatore assiso su ricchi tappeti e adorno di preziosi gioielli.

Nel 1848 Nikolaj Gogol’ arrivò in Terrasanta: era sfinito, non riusciva ad andar avanti con la scrittura di Anime morte. Aveva ardentemente sperato che solo a Gerusalemme Dio gli avrebbe restituito quelle facoltà creative che sembrava avergli tolto: «fino a che io non sia stato a Gerusalemme, non sarò capace di dire a nessuno una parola di conforto». Ma la città lo deluse e lo gettò in uno stato di ancor peggiore depressione. Il disordine, la confusione, la sporcizia lo inorridivano. Nel Santo Sepolcro, non riuscì a concentrarsi neppure un istante. A Tolstoj scrisse di non essere stato capace di pregare. Anche il paesaggio gli appariva tetro, cupo, pieno di rocce e di polvere.

Gerusalemme può deludere, può irritare, può uccidere. È una città feroce: dove con molta probabilità anche l’entrata gloriosa di Gesù come rex pacis si concluse in una violenta sommossa. Del resto, la scena più nota tra quelle storiche che vi si svolsero ci mostra un Uomo sudato, sanguinante, sfinito, che si trascina cadendo di continuo sotto il peso di una trave di legno inchiodato sulla quale di lì a poco sarà condannato a morire. È la città del massacro perpetrato dai crociati quel 15 luglio 1099. È la città della Pasqua ortodossa del 1834, quando una folla devota e avvinazzata travolse e calpestò se stessa: il governatore egiziano Ibrahim Pascià – ch’era presente per dimostrare ai dhimmi cristiani la sua benevolenza – si salvò solo grazie al brutale coraggio delle sue guardie, che fecero quadrato attorno a lui e lo protessero tagliando letteralmente a pezzi la folla con i loro sciaboloni. Pare che, nella calca e nelle colluttazioni, morissero circa trecento persone. È la città nella quale lo spettacolo della violenza fanatica della folla («un delirio infame») aveva indignato e atterrito la pia contessa de Gasparin; quella che di lì a poco avrebbe fatto parlare uno studioso che pure l’amava altrettanto profondamente di quanto la conoscesse, de Vogüé, di «follia gerosolimitana»; la città dei macelli fra ebrei e palestinesi, dal 1920 al 1967, e degli attentati e delle rappresaglie e repressioni degli anni successivi; la città che oggi spera di poter sfuggire agli esiti più tragici del terrorismo suicida grazie a una lunga barriera di cemento e di filo d’acciaio dispiegata tra le valli e le colline del paese, ma nella quale tuttavia la violenza si continua a respirare insieme con la polvere delle strade e con l’odore dei falafel. Renan, che l’avrebbe visitata fra il 3 e il 13 maggio 1861 mentre stava scrivendo la Vita di Gesù, non avrebbe esitato a contrapporre la dolce, «idyllique et charmante» Galilea all’aspra, cupa, fanatica Gerusalemme.



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